Non ci siamo mai chiesti cosa sia la morte, con tutto il nostro essere. Viene sempre presa in considerazione in termini di sopravvivenza, come se non fosse, la morte, la continuazione stessa della vita in una catena incessante di eventi.
Se osserviamo, la sopravvivenza è solo sopravvivenza di ciò che è conosciuto. Agiamo dal conosciuto al conosciuto, e bramiamo questo senso di continuità. Desideriamo la continuità e ci attacchiamo alla sopravvivenza senza mai interrogarci sulle origini di questo desiderio. Non ci accorgiamo che è soltanto una vuota proiezione del pensiero dell’io immaginario creato dalle nostre identificazioni: i miei sentimenti, i miei successi lavorativi, la mia evoluzione spirituale.
Quando lo comprendiamo chiaramente, è possibile affrontare la questione della continuità della vita senza sentimentalismi e senza l’abituale ambizione ad affermare se stessi.
La Morte non è il contrario della Vita. Nascita e morte sono l’Alfa e l’Omega contemplati dall’immanenza della Vita. Non ci è possibile sopravvivere a questo.
*
La Compagnia d’Altrove
estratto da «La Sacra Realtà – Atto I:
Oltre l’intelletto – Apologia dell’Altrove» [link]